Orari negozi: Comune che vai, usanza che trovi !

La bufera che ha spazzato via tremila punti vendita in Toscana pare ormai alle spalle. Il numero dei negozi è in ripresa, ma grazie all'apporto di nuove tipologie di vendita, quali, ad esempio, i telefonini. Il malessere, comunque, resta grande. Probabilmente perché i consumi sono ancora di basso profilo e comunque premiano solo la grande distribuzione, di certo perché le istituzioni non danno seguito agli adempimenti che la legge di riforma dei commercio, la "Bersani", assegna loro per dare nuova linfa e una spinta al rinnovamento del commercio classico, tradizionale. A oggi solo 32 dei 287 Comuni della Toscana hanno adeguato strumenti urbanistici e regolamenti di polizia comunale, i "binari" su cui la "Bersani" fa correre gli interventi di sostegno e rilancio del commercio. Il ritardo è ormai enorme. La scadenza prevista dalla riforma era il 28 gennaio del duemila. Senza questi adempimenti comunali - dice Paolo Soderi, vicepresidente della Confecommercio toscana - non ci possono essere i piani integrati per le aree vulnerabili, la rivitalizzazione dei centri storici, la riprogrammazione generale delle rete distributiva, tutti gli interventi, anche finanziari, per ridare fiato alle botteghe, in una parola la parte "buona" della Bersani. In compenso, e non senza aspri contrasti, hanno preso forma e sostanza i sistemi di orario per le diverse città e con essi la facoltà di negozi, super e iperrnercati di restare aperti alla domenica e nei giorni festivi. E' così che la Toscana si è confezionata un vestito arlecchino con i singoli Comuni, o parte di essi, in corsa per aggiudicarsi le "toppe" più ambite e interessanti mediante il riconoscimento di città d'arte o di Comune a prevalente interesse turistico - con grottesche esclusioni di questa o quella cittadina (chi non ricorda il caso di Greve in Chianti a cui è stata negata l'etichetta di Comune turistico concesso invece, peschiamo da un elenco di 141 municipi - a Gaiole e Fosciandora, a Collesalvetti, Palazzuolo sul Senio e Zeri?) - vero e proprio passaporto per avere mano libera in aperture e chiusure. Fatto è che quasi dovunque l'orario consente, fra le 7 e le 22 o le 24, un'apertura massima di 13 ore con o senza l'obbligo della mezza giornata di riposo settimanale. Ma è sui festivi e domenicali che si consuma una vera "orgia" di diversità. Se a Firenze, ad esempio, i negozi possono stare sempre aperti, esclusi Natale, Santo Stefano e primo gennaio; a Livorno e Pisa è possibile tener su i bandoni tutte le domeniche purchè si operi nel centro storico e sul litorale; a Lucca si può aprire tutte le domeniche da Pasqua a fine settembre, più altre 8 domeniche e tutte quelle di dicembre; a Pistoia tutto è consegnato alla libera decisione degli operatori, così come a Siena, dove peraltro è atteso a breve un nuovo regolamento. Insomma, Comune che vai, usanza che trovi. Un problema per gli utenti ma soprattutto per i commercianti. Dice Paolo Soderi: "Più personale, più ore di lavoro o di straordinario: per il commercio tradizionale tenere sempre aperto rappresenta un onere non indifferente. E ancora: "I nuovi orari dei negozi impongono di rivedere tutti i tempi delle città, a cominciare dagli orari degli uffici pubblici e dei servizi".